Scenari Futuri e Nuove Frontiere per i Nomadi Digitali

Dai Paesi che se li contendono a colpi di visti e agevolazioni fiscali, fino alla proposta di creare una Paese Internet senza confini fisici, gli scenari futuri e le opportunità che si prospettano per i nomadi digitali sono più interessanti che mai!

Ilaria Cazziol: Da sempre al posto fisso preferisco l’idea di un lavoro che mi permetta di viaggiare e di godere della mia libertà. Amo la comunicazione digital e dopo qualche intenso anno in un’agenzia ho deciso che volevo realizzare i miei sogni: così mi sono messa in viaggio, scrivendone su viaggiosoloandata.it e facendo copywriting, SEO e traduzioni come freelance.

Pubblicato il: 16 Novembre 2021 | Categoria:

La signorina virtuale al controllo passaporti ormai mi conosce: la sua voce metallica riconosce in pochi secondi il mio visto di un anno a entrate multiple e mi dà il benvenuto nel Paese.

Il mio Uber già sa la destinazione, è salvata tra i Preferiti: uno dei Coliving che ho provato ultimamente. È quello in cui ho deciso di tornare nuovamente, perché amo le loro facilities per lavorare comodamente in tutta la struttura, ma soprattutto il senso di comunità che si respira. Ho già riservato tramite l’app il mio posto alla lezione di yoga in spiaggia, e il tavolo al ristorante con un amico che ho visto l’ultima volta a Bali. O era Bari?

Durante la corsa mi arriva un messaggio dall’autorità fiscale locale: mi danno il benvenuto, informandomi di tutti gli eventi di business e networking che possono essere di mio interesse. Ma soprattutto mi ricordano che il lavoro che svolgerò fintanto che sarò residente qui sarà tax-free: uno dei benefici di avere Nazioni partner che hanno unificato la gestione fiscale.

Ma soprattutto, di aver finalmente acquisito la nazionalità della “Internet Country per Nomadi Digitali”, che mi dà accesso a questo genere di visto a lungo termine quasi ovunque nel mondo, e che permette alla mia impresa, lì registrata, di ricevere una tassazione equa e univoca.

No, mi dispiace, non posso dirti come si fa a vivere in questo modo!

Per ora, tutto questo è ancora solo un bel sogno, purtroppo. Un sogno che gli amici di TheNextWeb mi hanno aiutata ad immaginare, con il loro articolo visionario: A community of digital nomads wants to build an internet country for digital citizens

Ma è un sogno che sembra tanto vicino da profumare di realtà.

Perché, come spiega Plumia nel Paper del suo progetto di un Paese Internet per tutti i nomadi digitali del mondo, siamo i Pionieri di un Wild West moderno. “Vivere nel selvaggio west era liberatorio ed eccitante, ma era difficile. La vita è diventata molto più facile con l’accesso ai medici e a un fidato sceriffo. Affinché il mondo di domani possa prosperare, dobbiamo costruire un’infrastruttura che permetta e promuova la fioritura umana. Questa è la missione di Plumia”.

Ti stai chiedendo di cosa sto parlando? Aspetta ancora un attimo: stai per scoprirlo.


Dal Lavoro da Casa al Lavoro da…Ovunque

Ci siamo accorti tutti dei cambiamenti avvenuti a livello globale negli ultimi due anni, ma chi si considerava nomade digitale già prima della pandemia di Covid-19, li ha probabilmente notati ancora di più.

Era gennaio 2020 quando scrivevo e pubblicavo questo articolo sulle incoraggianti statistiche del lavoro da remoto in Italia e nel mondo.

Non potevo sapere che nel giro di un mese o poco più quello stesso modo di lavorare avrebbe registrato quasi un +100% di adozione.

Cos’è successo in quel mese? Lo sai bene: una pandemia globale che ci ha costretti tutti a casa e, volenti o nolenti, ci ha fatto scoprire che il lavoro da remoto non è una necessità per pochi, ma un’opportunità per molti.

Un lungo periodo, che ancora non possiamo dire completamente finito, fatto di distanziamenti e incertezza, di lavoro da casa e di continui lockdown. Un periodo in cui chi si considera un nomade digitale è stato più che mai frustrato, per l’impossibilità di muoversi nel proprio Paese, figuriamoci fuori!

Ma anche uno a cui ci siamo adattati bene, proprio in virtù della nostra resilienza, e di cui abbiamo saputo cogliere luci e ombre.

Soprattutto un periodo in cui, a livello globale, le persone hanno scoperto le opportunità dietro l’imprevisto, e il lavoro da casa è passato da essere quasi totalmente sconosciuto, ad amato e odiato, espediente essenziale durante i lockdown, e infine a piacevole compagno di avventura, ricco di risvolti positivi per le persone e per le aziende (se ben strutturato).

E quando le restrizioni hanno iniziato ad allentarsi, le persone a muoversi e i Paesi a riaprire, molti di quelli che erano diventati, nel bene e nel male, lavoratori da remoto, hanno avuto l’opportunità di trasformarsi in…lavoratori da ovunque. Ovunque ci sia una connessione, ovunque lo stile di vita sia piacevole, ovunque ci siano famiglia, affetti, condizioni favorevoli…

Guarda un po’, proprio quello che fino ad allora avevano fatto i nomadi digitali.


Numeri che Fanno Riflettere – e Interessano a Tanti!

Nell’alba del mondo post-Covid, sono sempre di più le persone che aspirano a rendersi indipendenti da un specifico “luogo o posto” di lavoro, e hanno preso consapevolezza che il “lavoro da remoto” è un mezzo per raggiungere un fine: la libertà di disegnare il proprio stile di vita ideale (spazio, tempo e attività), avere più libertà e maggiore flessibilità e, non meno importante, la possibilità di viaggiare.

Secondo alcune statistiche – non ufficiali- sembra che, ad oggi, ci siano oltre 35 milioni di nomadi digitali in giro per il mondo. Se la comunità globale dei nomadi digitali fosse un Paese, si classificherebbe al 41° posto per numero di abitanti, subito dopo il Canada! Con un potere di spesa annuale di circa 787 miliardi di dollari, sarebbe il 38° Paese più prospero in base al reddito nazionale lordo pro capite!

Numeri che fanno riflettere, ma soprattutto che fanno gola.

Perché a beneficiare di questo nuovo movimento globale non sono solo le persone e le aziende, ma anche e soprattutto i Paesi stessi.

E così diverse nazioni, in pochi mesi nell’estate 2020, si sono accorte dell’opportunità di attrarre i nomadi digitali sui propri territori e hanno lanciato programmi e visti speciali rivolti proprio a questa categoria di professionisti senza ufficio. In seguito all’Estonia, che si era dimostrata sensibile al tema già prima della pandemia, sono arrivati Barbados, Bermuda, Costa Rica, Anguilla, Antigua, e più tardi, la maggior parte dell’Europa orientale. Ora, più di 30 nazioni offrono visti e una qualche forma di incentivo per i lavoratori da remoto, e si possono anche comodamente comparare su siti come questo. Digital Nomad Visas

Fino a pochi anni fa, specialmente per chi proveniva da fuori dell’Area Schengen, la trafila burocratica per questo stile di vita era una corsa a ostacoli tra visti, permessi, tasse, etc. Oggi invece ovunque si leggono dolci richiami, come agevolazioni fiscali sul reddito, alloggi sovvenzionati e ingressi multipli gratuiti nel Paese.

Sempre di più le Nazioni stanno proponendo questo tipo di incentivo, quasi come i benefit sul lavoro dei dipendenti nelle aziende, per riuscire ad attirare questa fetta di lavoratori da remoto. Un target davvero allettante, dato che permane nei luoghi più a lungo rispetto ad un turista tradizionale, si muove tutto l’anno alimenta l’economia reale e non solo quella turistica, non si muove alla ricerca di lavoro e non crea problemi sociali.

Certo, non è tutto oro quel che luccica: al momento molti Paesi stanno cercando di accaparrarsi la gallina dalle uova d’oro, offrendo super incentivi solo a quei lavoratori nomadi più che benestanti, in cerca di luoghi dove parcheggiare i propri capitali e non solo la propria scrivania. Ma il solo fatto che gli interlocutori istituzionali stiano corteggiando così intensamente i remote workers vale la pena di essere osservato.

Viene da chiedersi però…è veramente questo il massimo a cui possiamo ambire? Incentivi fiscali e vantaggi sul viaggio, che permettano di attraversare i cari vecchi confini geografici?

Alcuni visionari pensano di no, e hanno in mente qualcosa di molto diverso.


Oltre i Confini!… Il Sogno di Una “Internet Country” può Essere Realtà?

La verità è che ci troviamo davanti a un problema sostanziale, che va al di là del modo di superare i confini, e risiede nei confini stessi.

Il mondo sta cambiando, ma i nostri sistemi non stanno al passo. Si ottiene un passaporto in base a dove si è nati, e non a chi si è. Internet e il lavoro a distanza hanno reso il mondo un mercato globale, ma l’infrastruttura è costruita lungo i confini nazionali, e i confini nazionali sono difficili da attraversare.

La soluzione?

Un Paese su Internet.

Questa è la forte e rivoluzionaria premessa di Plumia, la NGO che sta provando a dare vita a questo ambizioso piano, nata come progetto indipendente di Safety Wing, una delle poche assicurazioni che si rivolge proprio al target dei nomadi digitali.

Plumia ha l’ambizione di diventare la prima Internet Country al mondo, ovvero un Paese digitale, che svolga tutte le funzioni di una nazione dal punto di vista burocratico, ma non sia caratterizzato da confini fisici o geografici.

Internet ha globalizzato e digitalizzato così tanti aspetti della vita, come le banche, il ride-sharing e la consegna del cibo, ma i governi devono ancora mettersi al passo”, dice Lauren Razavi, una dei Founding Citizens di questo Paese-wannabe. “Plumia è un collettivo di oltre 1.000 lavoratori remoti e nomadi digitali che si sono riuniti per reimmaginare come potrebbe essere la mobilità globale e le strutture di governo nel 21° secolo”.

L’idea degli Stati-Paese, dei confini nazionali e dei passaporti è così saldamente incisa nella nostra mente che ci dimentichiamo che è solo una convenzione: qualcosa che l’umanità si è inventata per rispondere alle esigenze del progresso. In quanto tale, non è perfetta, né immortale. Deve adattarsi, crescere, modificarsi, anche radicalmente essere rivista, se necessario.

È questo il bellissimo punto di partenza di Plumia, che non ha risposte (non ancora, almeno) ma ha voglia di porre le domande giuste, e invita chiunque abbia voglia di mettersi in gioco a provare a fare lo stesso, unendosi al movimento.

Un po’ come stiamo provando a fare in Italia, con l’Associazione Italiana Nomadi Digitali, per creare una comunità che vada al di là dei confini geografici e fisici, che possa aiutare tanto i professionisti quanto le imprese e il sistema-Paese.

Compilando il form di application per essere tra i “founding citizens of Plumia” ci viene chiesto da dove veniamo e che cittadinanza abbiamo, certo, ma anche cosa facciamo, come lo facciamo, e perché. Soprattutto, ci viene chiesto qual è la singola cosa che uno Stato su Internet potrebbe fare, di bene, per noi.

Ci ho messo un po’ a rispondere, devo ammettere. Sono rimasta a guardare lo spazio bianco, cercando di trovare una risposta che fosse abbastanza realistica da non risultare in pura utopia.

“Dare la possibilità a tutti di creare impresa e innovazione, senza che ci siano penalizzazioni di tasse, di accesso o di opportunità dovute al luogo di nascita e di residenza”: questo è quello che ho scritto alla fine.

Tu cosa pensi che dovrebbe essere, il ruolo risolutivo di un Paese su Internet? Faccelo sapere nei commenti.



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