La Vita Dopo il Covid-19: Luci e Ombre per il Nomadismo Digitale

Ecco alcune idee di evoluzioni positive e non solo che questo periodo potrebbe portare al concetto di nomadismo digitale.

Ilaria Cazziol: Da sempre al posto fisso preferisco l’idea di un lavoro che mi permetta di viaggiare e di godere della mia libertà. Amo la comunicazione digital e dopo qualche intenso anno in un’agenzia ho deciso che volevo realizzare i miei sogni: così mi sono messa in viaggio, scrivendone su viaggiosoloandata.it e facendo copywriting, SEO e traduzioni come freelance.

Pubblicato il: 23 Giugno 2020 | Categoria:

Il Coronavirus ha gettato una luce intensa sullo smart working e sul lavoro da remoto, finalmente arrivato alla ribalta. Ma ogni luce crea anche grandi ombre.

Era solo pochi mesi fa che parlare di “nomadismo digitale” significava aprire un vaso di Pandora, che per molti era fatto solo di youtuber, instagrammer e giovani influencer. In cui dire che si lavora da casa significava sentirsi rispondere “ah, quindi non lavori?”. In cui le aziende che ti contattano su LinkedIn per posizioni facilmente remotizzabili scompaiono dopo un paio di scambi e una fatidica frase: “io lavoro principalmente da remoto, siete interessati ugualmente?”.

E l’Italia sembrava lontana anni luce dalla possibilità di introdurre dei veri cambiamenti in fatto di modalità di lavoro più flessibili e da remoto.

Era solo pochi mesi fa. Ma nel mentre c’è stato il Coronavirus, e tutto è dovuto cambiare d’improvviso.

Oggi gli studi svolti dopo questi mesi di lockdown, in cui il lavoro da remoto è dovuto diventare la norma, mostrano un quadro molto diverso.

Uno in cui il 24% degli italiani (praticamente un quarto della popolazione!) potrebbe tranquillamente lavorare da remoto a tempo pieno o quasi.

Un altro dato sorprendente dalla ricerca sopra è che solo il 5% dei datori di lavoro in media ha riscontrato un abbassamento della produttività; nulla di strano, so benissimo che sia così, ma un po’ mi sorprende che lo abbia scoperto anche chi si è ritrovato a farlo per forza, quando un virus ha costretto tutti da un giorno all’altro a chiudersi nelle proprie case.

E così in questi giorni sulla stampa escono articoli come questo su Repubblica, in cui si descrive come dietro l’angolo la possibilità che gli italiani lavorino per un’azienda di Milano, con uno stipendio milanese, e risiedano in qualche borgo del sud Italia con la vista sul mare e un quarto del costo. E ci si sente un po’ più vicini a un futuro che abbiamo intravisto e desiderato per molto tempo.


Luci: Finalmente Abbiamo la Possibilità di Cambiare le Cose

La metafora del titolo è più calzante di quanto sembri.

Si è effettivamente acceso un riflettore su tutta una fascia di temi che gravitano intorno al concetto di “lavoro da remoto” e che prima erano argomenti da pagina del lifestyle nei principali quotidiani. D’improvviso invece, eccoli lì: schiaffati in prima pagina.

Chi parla di “smart working”, chi di “telelavoro”, chi di “lavoro da remoto”…oggi è lui “il lavoro agile”, in tutte le sue sfumature, il grande protagonista.

Tante persone, molte delle quali si rivolgevano proprio a questo sito in cerca di “lavori per nomadi digitali”, hanno scoperto sulla propria pelle che il loro lavoro attuale poteva già essere remotizzato.

Molti hanno provato le gioie e i dolori del lavoro da remoto, scontrandosi con le enormi difficoltà del farlo in condizioni di quarantena, in cui la libertà che noi nomadi digitali tanto auspichiamo era praticamente pari a zero.

E nonostante questo, gli è piaciuto, e ora faticano a tornare negli uffici. Perché hanno intravisto dalla finestra l’aspetto delle principali piazze della città vuote, la possibilità di dividere meglio il proprio tempo tra lavoro e famiglia, magari di vivere in un luogo meno costoso e con migliore qualità della vita.

E infatti non a caso proprio in questo periodo nella nostra community sono nati i Salottini Digitali, incontri online per dare voce e possibilità di confronto a chi vuole condividere domande e consigli su questo nuovo modo di vivere e lavorare che ci si apre davanti.

La speranza è che, ora che la parte più difficile della remotizzazione del lavoro è stata affrontata a causa della/grazie alla pandemia, il prossimo passo sia più facile: si tratta di cambiare mentalità e atteggiamento, per rendere possibili tutti gli aspetti positivi di cui abbiamo parlato tante volte anche tra queste pagine:


Ma Anche Ombre: le Difficoltà da Affrontare nel Nuovo Mondo

Se la vediamo da questo punto di vista la pandemia ci ha spinto a velocità della luce in una direzione che era il futuro, ma che vedevamo come ancora lontano e irraggiungibile.

Ma ci ha anche messo davanti a nuovi problemi, che non pensavamo che avremmo mai dovuto affrontare.

Il concetto stesso di “nomadismo digitale”, così come è nel suo senso più ampio, ha bisogno di essere rivisto.

Quelli che girano il mondo lavorando ovunque grazie a Internet” non è una definizione onnicomprensiva, ma sicuramente faceva leva su un desiderio di molti, cioè la libertà. E la possibilità di usare quella libertà ovunque, dietro casa così come dall’altra parte del globo.

Be’, su questo fronte le cose si sono fatte più complicate.

Il mondo si è chiuso inesorabilmente e non è facile capire quando riaprirà. Gli strascichi della pandemia potrebbero protrarsi a lungo e avere un impatto anche irreversibile sul mondo dei viaggi e del turismo.

Potrebbero nascere nuove forme di “razzismo”, non basate più unicamente sulle differenza di razza e di religione, ma anche sulla probabilità di essere considerati untori e portatori di virus o altre malattie. Incontrarsi e conoscersi, dietro casa come dall’altra parte del mondo, potrebbe essere molto più difficile di prima, e rischiamo di sentirci un po’ più soli oltre che “distanziati”.

Ma è proprio qui che i “nomadi digitali” possono dare il proprio massimo: come movimento di persone che amano la libertà, come professionisti che lavorano da remoto, e come viaggiatori che vogliono vivere le destinazioni e non sfruttarle.

Se ci pensi, cosa sono anche due settimane di quarantena all’arrivo in un Paese, per qualcuno che si sposta non per qualche giorno di vacanza ma per mesi di vita? Forse quello del nomadismo digitale sarà sempre più una necessità, quando si parla di viaggi, e sempre meno un vezzo.

Spostarsi per periodi più lunghi, portandosi dietro il proprio lavoro e organizzandolo intermezzato al viaggio, senza bisogno di prendere lunghe ferie.

Meno vacanze toccata e fuga, un cambiamento dei troppi tour (de force) fatti di aerei e spostamenti veloci per vedere un intero Paese in una settimana.

Con destinazioni turistiche, operatori e luoghi di accoglienza che si adeguano e forniscono gli strumenti necessari perché tutto questo sia possibile.

Ormai lo abbiamo capito, non è più un’utopia…è tutto molto reale e vicino.

Il problema è che noi esseri umani dimentichiamo in fretta, fagocitati dai meccanismi che noi stessi abbiamo costruito…bisogna muoversi in fretta, per cambiare le cose, perché non tornerà tanto presto una possibilità come quella di adesso.



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