Presto Anche L’Italia Avrà il Suo Visto per Attrarre Nomadi Digitali e Lavoratori da Remoto

Ecco le prime informazioni che trapelano sul visto italiano per remote worker e nomadi digitali. A questo punto diventa molto importante capire come rendere il nostro Paese una destinazione attraente e ospitale per questa nuova generazione di professionisti mobili!

Franco Amato: Nella mia vita professionale sono sempre stato inquieto e desideroso di scoprire mondi nuovi e di affrontare nuove sfide. Dopo l'esperienza in aziende pubbliche e private nel settore della comunicazione, ispirato anche dal sito Nomadi Digitali, mi sono licenziato e mi sono dedicato alla mia grande passione: scrivere per me stesso e per gli altri. In sintesi faccio il ghostwriter!

Pubblicato il: 23 Marzo 2022 | Categoria:

Presto anche anche l’Italia avrà il suo visto per attrarre remote worker e nomadi digitali nel nostro Paese!

Con il Decreto “Sostegni-ter” è stato approvato un emendamento che introduce ufficialmente nel nostro ordinamento la figura del nomade digitale.

“Si tratta di una proposta a costo zero e, anzi, ad alto moltiplicatore, per attrarre talenti dall’estero” dichiara Luca Carabetta, deputato del Movimento Cinque Stelle, che ha presentato la Proposta di Legge insieme all’On. Anna Laura Orrico, con il sostegno del Ministero degli Affari Esteri, “Un buon risultato che segue un grande lavoro portato avanti da mesi”.

É un momento storico importante per chi come noi da tempo sta sperimentando questo stile di vita e di lavoro: si va verso la definizione della categoria giuridica dei nomadi digitali, nei confronti dei quali si aprono finalmente nuove modalità di ingresso (e di lavoro) anche in Italia.


Qual è la definizione giuridica di “nomade digitale” in Italia?

Secondo il testo dell’emendamento “i nomadi digitali sono cittadini di un Paese terzo, che svolgono attività lavorativa altamente qualificata attraverso l’utilizzo di strumenti tecnologici che consentono di lavorare da remoto in via autonoma ovvero per un’impresa anche non residente nel territorio dello Stato italiano.”

I lavoratori che rientrano in questa categoria avranno possibilità di entrare nel Paese al di fuori delle quote massime di ingresso per lavoro previste dal Decreto Flussi, senza la necessità del nullaosta al lavoro.

Sarà sufficiente il visto d’ingresso e potranno ottenere il permesso di soggiorno della durata di un anno, prorogabile per un ulteriore anno ed estendibile al nucleo familiare del remote worker, a condizione di avere un’assicurazione sanitaria che copra ogni eventuale rischio.

Potranno collaborare con soggetti economici italiani e saranno tenuti a rispettare gli obblighi fiscali e contributivi loro richiesti dalle disposizioni vigenti nell’ordinamento nazionale. Altri requisiti, la disponibilità di un’idonea sistemazione, un congruo reddito e la fedina penale pulita.

L’opportunità di fare dell’Italia una meta privilegiata per remote worker non è solo straordinaria, ma adesso è concreta.


L’Italia è pronta per attrarre e ospitare lavoratori da remoto e nomadi digitali provenienti da ogni parte del mondo?

Se anche l’Italia avrà presto il suo visto speciale per attrarre remote worker e nomadi digitali stranieri, la prima domanda che viene spontaneo porsi è: ma i nostri territori e le nostre comunità sono davvero pronti per accogliere e ospitare questa nuova generazione di professionisti mobili?

Se ci mettiamo solo per un attimo nella condizione di immaginare un movimento globale di professionisti, liberi di lavorare ovunque e desiderosi di vivere nuove esperienze, di scoprire nuove destinazioni e di conoscere nuovi territori, cultura e tradizioni, potendo al tempo stesso lavorare da remoto e fare impresa in luoghi dove si può vivere meglio, dove i ritmi sono rallentati, dove c’è un rapporto più intimo con la natura, ci rendiamo conto di come l’Italia sia piena di luoghi così, destinazioni che hanno tutte le carte in regola per diventare le mete dei lavoratori del futuro, ma anche e soprattutto continuare a essere la casa di chi vi è nato.

Oltre alle meravigliose città d’artealcune delle quali come Venezia si stanno già muovendo in questa direzione – il nostro Paese è pieno di piccoli comuni, territori marginali e aree interne dove attualmente si concentrano disagi e le maggiori diseguaglianze.

Basti pensare che quasi il 70% degli degli oltre 8mila comuni italiani è costituito da piccole comunità sotto i 5000 abitanti. Nei comuni al di sotto dei 5000 abitanti vivono nel complesso circa dieci milioni di italiani, il 17% dell’intera popolazione nazionale.

Questi territori marginali sono sede di bellezze architettoniche e ambientali, di tradizioni culturali e di eccellenze dell’enogastronomia – l’auspicio è che, dopo aver dato prova della loro solidarietà nell’accogliere e ospitare i profughi che fuggono dalla guerra, non tornino nel cono d’ombra, alle prese con un progressivo abbandono e spopolamento che dura ormai da troppi anni. E’ nostro dovere cercare di proteggere e valorizzarli questo straordinario patrimonio sociale e culturale.

Temi come il lavoro da remoto e nomadismo digitale – se seriamente considerati – possono creare nuove interessanti opportunità per il nostro Paese e contribuire a ridurre il divario economico, sociale e territoriale in Italia.

Da ora in avanti saranno sempre di più i lavoratori e professionisti liberi di lavorare ovunque, che si muoveranno alla ricerca di luoghi dove è più bello vivere e lavorare, e sceglieranno le loro destinazioni a seconda delle condizioni che verrano loro offerte.

Una recente indagine Inapp su lavoro da remoto dimostra ad esempio che qualora il lavoro agile entrasse a regime, si aprirebbero nuove prospettive sul futuro delle città e dei territori. Dallo studio emerge, infatti, che oltre 1/3 degli occupati si sposterebbe in un piccolo centro; 4 persone su 10 invece si trasferirebbero in un luogo isolato a contatto con la natura.

Per riuscire ad attrarre in Italia (in particolare nei nostri piccoli comuni) nomadi digitali e lavoratori da remoto, italiani ed esteri, è necessario creare le condizioni migliori per riuscire ospitarli e offrirgli tutto ciò di cui hanno bisogno per lavorare da remoto e soggiornare nel migliore dei modi nei nostri territori.

Per farlo è fondamentale prima di tutto conoscere quali sono le loro aspettative e le loro esigenze.


Quali sono le aspettative e le esigenze di coloro che vorrebbero vivere un’esperienza da nomadi digitali in Italia?

L’Associazione Italiana Nomadi Digitali – ente no profit del terzo settore costituito nel luglio dello scorso anno per diffondere il nomadismo digitale e la cultura del lavoro da remoto in Italia – sta portando avanti un’indagine a livello nazionale e internazionale per raccogliere informazioni su esigenze, aspettative, criticità e servizi che consentano di trasformare il nostro Paese in una destinazione attraente e ospitale per lavoratori da remoto e nomadi digitali.

I risultati di questa ricerca saranno raccolti in un report gratuito che verrà reso disponibile sui canali di comunicazione dell’Associazione. L’ente no profit inoltre si occuperà di portare il report all’attenzione di istituzioni nazionali, amministratori ed enti locali, tavoli di lavoro, imprese (profit e no-profit) del settore pubblico e privato che si stanno impegnando attivamente su queste progettualità.

Partecipa anche tu a questa importante iniziativa per il futuro del nostro Paese!

Compila il nostro sondaggio completamente anonimo ( bastano 5 minuti) e contribuirai anche tu a rendere l’Italia una destinazione attraente e ospitale per lavoratori da remoto e nomadi digitali provenienti da ogni parte del mondo!



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