Come Organizzare Un Retreat: Tutto Quello che Ho Imparato

Vuoi organizzare un retreat per incontrarti e lavorare di persona con il tuo seguito di fans o con i membri della tua community? Ecco qualche consiglio che potrebbe esserti di aiuto.

Francesca Di Pietro: Ho unito le mie due grandi passioni, la psicologia e i viaggi. Studio i viaggiatori per dare nuova linfa alla psicologia turistica applicata e cerco, a modo mio, di ispirare e magari aiutare altri viaggiatori a viaggiare da soli. Ho portato il travel coaching in Italia per aiutare le persone a leggere la metafora del loro viaggio.

Pubblicato il: 7 Marzo 2017 | Categoria:

Negli ultimi anni il mio lavoro di blogger e psicologa del turismo si è ampliato. Ho deciso di creare delle esperienze che mettessero le persone in contatto con quello di cui di solito parlo nel mio sito “Viaggiare da Soli“.

Dopo essere arrivata ormai alla 8° edizione dei miei workshop di Travel Coaching all’Eremito, l’anno scorso ho deciso di lanciare il mio primo retreat a Bali organizzato per “uscire dalla propria area di comfort”.

Il successo è stato talmente tanto che quest’anno ho deciso di organizzarne ben tre, due che lavoreranno sull’area di comfort (uno a Luglio e uno ad Agosto) e l’altro sul tema del contatto, la prima settimana di settembre.

Organizzare un retreat di successo è meno facile di quello che può sembrare e dietro c’è un enorme lavoro di programmazione. Ecco quello che ho imparato in questi anni e che voglio consigliarti.


1. Individua Bene lo Scopo

purposeRetreat significa letteralmente ritiro, nel linguaggio italiano ha sempre avuto un’accezione religiosa, poi l’influenza dell’Oriente l’ha reso qualcosa di più moderno e cool.

Non basta mettere un gruppo di persone in una casa per fare un retreat, bisogna avere ben chiaro dove vogliamo portarle. Il retreat è un percorso, esso può essere spirituale, fisico o comportamentale, ma deve essere ben chiara la meta.

Io nel creare il mio percorso sono partita dalla fine. Volevo che le persone che partecipassero al mio retreat sull’area di comfort provassero sulla propria pelle che la maggior parte delle proprie paure sono date da preconcetti legati alla non conoscenza e che la realtà è molto meno spaventosa dell’immaginato.

Dopo aver individuato il macro concetto ho iniziato a frammentarlo, come faccio in tutto il mio percorso di coaching: frustrazione, pericolo, vergogna, perdita del controllo, questi i temi principali intorno ai quali ho costruito le mie esperienze.


2. Conosci Bene l’Ambiente

La location è importante, ogni luogo, nazione, paese evoca qualcosa e sono sincera, Bali evoca rinascita per questo l’ho scelta, ma non solo.

Mi serviva un unico luogo che mi desse tutti gli elementi di cui stavo parlando: aria, acqua, terra e fuoco, tutto immerso in un contesto di lusso e coccole. Conosco molti posti nel mondo e ho individuato Bali come il più semplice per iniziare questa nuova avventura.

Ero stata 3 volte a Bali prima di lanciare il mio primo retreat e avevo provato personalmente ogni attività che ho proposto.


3. Scegli la Location Adatta

Da psicologa dico che quando si lavora sull’emotività gli altri elementi devono essere protetti, o più semplicemente, se aggiungo uno stress emotivo l’ambiente intorno a me deve essere bellissimo per bilanciare le emozioni.

Ho impiegato quasi due mesi per trovare la villa perfetta, che avesse una location centrale, ma poco rumorosa, stanze ampie, perfetto stile balinese, un’ampia zona in comune e un personale efficiente. Le ville le ho viste tutte dal vivo per non avere sorprese dopo.


4. Affidarti ad un collaboratore in loco

Se si organizza un retreat all’estero è fondamentale avere qualcuno per un appoggio logistico in loco, meglio se italiano perché capisce in maniera più approfondita le esigenze dei tuoi clienti.

Io ho una collaboratrice fidatissima, Giulia Artese di one way project, vive a Bali da anni, parla perfettamente indonesiano, è dolcissima attentissima e puntualissima. Giulia sposa perfettamente la mia idea, cerca di anticiparmi con soluzioni innovative o che diano più comfort.

Quindi la regola d’oro è non pensare di fare tutto da solo per risparmiare, a meno che tu non viva nel luogo in cui organizzi il retreat, perché finirai solo per perderne in qualità.


5. Verifica- Pianifica- Conferma

Noi occidentali siamo abituati a programmare, il tempo ha valore, la parola presa anche. In altri continenti non è esattamente così, ma non perché le persone siano svogliate, solo perché hanno un modo diverso di interpretare il tempo.

Una volta che hai scelto l’attività da fare e hai prenotato i servizi, ricordati di confermarli più volte, io direi un mese prima e una settimana prima, è importante che il fornitore si senta responsabile e che non possa cambiare idea all’ultimo momento.


6. Fissa delle Regole e Falle Rispettare

Le regole in un retreat non servono a controllare le persone, ma a dare loro dei confini, delle abitudini e delle sicurezze.

Ad esempio nel mio retreat il programma si rispetta pedissequamente e condividiamo i pasti, non si è obbligati a mangiare insieme, ma è preferibile, perché abbassa le tensioni del giorno e ci prepara alla chiacchierata serale, il vero lavoro sulle dinamiche di gruppo.

Si può arrivare a far aprire le persone di un gruppo solo se crei un ambiente di fiducia e di assenza di giudizio, per crearlo serve una buona gestione del gruppo e una assenza di ego (per quanto possibile).


7. Divertimento

L’aspetto ludico deve essere sempre presente in ogni ciclo d’apprendimento, non importa l’età che abbiamo, l’emozione positiva fissa il ricordo e lo fa associare a qualcosa di buono e di desiderabilmente ripetibile il che crea un cambiamento dell’atteggiamento o comportamento, soprattutto nell’adulto.




Un ultimo aiuto: ricordati che se hai una idea che pensi sia valida devi portarla avanti senza mai ascoltare chi ti rema contro.

Tutti i progetti che ho fatto hanno avuto giudizi negativi dai miei amici, sono stata anche attaccata sul web per le mie idee, ma ci ho sempre creduto e sono andata avanti e ho trovato persone che condividevano quello che pensavo.

Per il primo retreat ho impiegato circa un anno e mezzo per organizzarlo, anche due.. uno per individuare il percorso “credibile” e quasi un altro anno per programmarlo in loco. Fai le cose con passione e precisione e le persone ti seguiranno.

Spero che i miei consigli ti siano stati utili, se questo anno ne individuerò degli altri aggiornerò questa lista.


Foto credit: Shutterstock



Potrebbero Interessarti Anche: