La Metamorfosi di Una Nomade

Voglio raccontarti come la vita nomade possa conciliare benissimo con i tuoi desideri, i tuoi sogni, i tuoi amori e le tue aspirazioni di vita

Maya Esposito: A sedici anni ho deciso di viaggiare e non ho ancora smesso. Lavoro con il mio compagno come coppia di cuochi e domestici freelance per famiglie private in giro per l'Europa. Ho così la possibilità di lavorare pochi mesi e viaggiare il resto dell’anno. Soprattutto ho il tempo di poter sviluppare nuovi progetti che un giorno mi porteranno a essere non solo nomade, ma nomade digitale.

Pubblicato il: 13 Giugno 2013 | Categoria:

Ciao, sono Maya, ha da poco suonato la campanella dei trent’anni ed è esattamente la metà della mia vita che sono in viaggio!

Al momento ti scrivo da Zermatt, in Svizzera, e sto prendendo un vin brulé sulla terrazza di un delizioso bar, il monte Cervino è bello bello di fronte a me come nelle confezioni del Toblerone, oggi il cielo è blu, l’aria è pulitissima e, nonostante -5 °C il sole riscalda ed io sono solo con una felpina e la crema contro le scottature!

Volevo raccontarti della mia vita e di come la vita da nomade possa conciliare benissimo con i tuoi desideri, i tuoi sogni, i tuoi amori e la vita, in una generale naturalezza!

Sono nata da una coppia di hippy e per i primi due anni della mia vita ho viaggiato tra l’Italia e l’India. Questo sino alla nascita di mio fratello e a quando mia madre si lasciò con mio padre. Non trovò al tempo una soluzione per continuare a viaggiare con due bimbi piccoli e, dopo le insistenti richieste dei suoi genitori, decise di tornare a una vita “normale”, quindi usare la sua laurea di interprete e trovare un lavoro.

Venni catapultata in un altro mondo, dove i parenti mi chiamavano “piccola indigena” e dovetti imparare le regole della brava bimba borghese e vestire a modo, mangiare a modo, non essere più libera di scorrazzare e sporcarmi come volevo. Certo a quell’età fu facile adeguarsi.

Le cose iniziarono a cambiare quando verso i tredici anni iniziai a non accettare più le regole imposte e a non trovare che la scuola fosse al passo con il mio cervello e con le mie curiosità. Non capivo come mai le persone fossero così bigotte, noiose e grige!

La città dove sono cresciuta si chiama Alessandria ed è famosa per il suo grigiore, la nebbia che copre un cielo bianco e le zanzare inferocite nell’afa d’estate. Anche la squadra di calcio ha le magliette color grigio, così d’inverno si vedono a malapena i giocatori. Umberto Eco, che è un alessandrino come me, racconta che durate la guerra tanti si salvarono per via della nebbia, il nemico non li vedeva!

La piccola realtà di Alessandria non mi bastava e non mi piaceva pensare alla mia vita come una regola matematica con risultato finale già calcolato, insomma l’equazione studio, lavoro, matrimonio, figli, pensione mi faceva paura e non mi interessava per nulla.

Verso i quindici anni iniziai a frequentare festival e rave party e da quei giorni scoprii cosa mancava alla mia mamma e cosa io davvero stessi cercando.

Incontrai fantastiche persone che viaggiavano sempre, chi facendo artigianato, chi faceva l’artista di strada, chi organizzava feste viaggianti e suonava musica, insomma persone che vivevano libere facendo ciò che amavano. Un mondo quasi magico di persone entusiaste e bellissime! Chi viveva in carovane di camper, chi semplicemente riusciva a occupare palazzine abbandonate e chi invece seguiva il sole tutto l’anno con un sacco a pelo.

Iniziai a fare giocoliera, spettacoli con il fuoco ed anche a truccare la gente nei carnevali e nelle feste: così cominciai a guadagnare i primi soldini e nel frattempo finivo la mia scuola da estetista. Scelta di studi che presi per avere un lavoro immediato che mi permettesse di andare via da casa e iniziare a viaggiare. Il mio sogno all’epoca era di aprire un bar su una spiaggia messicana. Ma questo sogno negli anni si è trasformato.

Appena due mesi dopo aver compiuto diciotto anni presi il mio zaino e partii.

Quell’estate fu la più bella della mia vita! Girai tutta l’Italia tra festival e mete che sceglievo, avevo trovato una piccola base sopra le montagne di Genova dove lasciai poche cose, poi arrivai sino alla punta estrema di Trapani e alle isole Egadi vendendo collanine che facevo con materiali di riciclo, andai a Napoli per un mese, lavorai come aiuto commessa a Roma, e poi Arezzo Wave e Pistoia Blues, Bergolo, le Cinque Terre, Venezia… insomma da quell’estate, che durò sino alla fine di novembre, decisi che non potevo fermarmi più e che il mio prossimo passo sarebbe stato il camper!

Volevo un camper perché la casetta sui monti non c’era più e perché preferivo poter essere indipendente per quanto riguardava doccia, cibo e letto!

Ho passato la mia vita in camper per cinque anni, in compagnia e da sola, fermandomi dove volevo e facendo lavori diversi, presi anche un Diploma nel frattempo che stavo a Bologna! Il periodo del camper é stato bello e anche difficile alle volte, il tetto gocciolava e spesso dovevo dormire con le padelle che tintinnavano tutta la notte, oppure studiare a luce di candela, a volte arrivavano i carabinieri a chiedere i documenti e cercare nel mio camper convinti che avessi droghe o solo per capire che stavo facendo e, una volta, qualcuno ha cercato di entrare durante la notte.

Ma i momenti dei viaggi sono stati fantastici, la sensazione di poter andare dove volevo e quando volevo ripagavano ogni attimo di difficoltà! Quante albe, tramonti e bei momenti e quanta gente positiva ho incontrato!

Poi il camper si ruppe. Finii a stare in un villaggio container di Bologna per qualche mese (quelli dove vivono gli zingari ghettizzati per intenderci) dove però accadde di contribuire a un libro di foto e commenti chiamato “Sfrido” in collaborazione con Mattia Insolera, un fotografo che si occupa di sociale. Il libro era dedicato alla vita dei cosiddetti Punkabbestia della città.

Il villaggio container si chiamava “L’isola che non c’é”: eravamo praticamente solo travellers senzatetto italiani e trentacinque cani! I nostri container erano arredati con mobili di avanzo delle scuole abbandonati nella discarica comunale lì vicina! Eravamo quelli che mio nonno definirebbe “barboni e tossici” solo per i piercing e le creste o i tatuaggi.

Peccato che non fosse sempre cosi! Ci sono state persone che mi hanno insegnato tanto, anche se ho conosciuto davvero la solitudine dell’emarginazione che avviene in Italia se non appari “normale”!

Eh sì, da piccola indigena, a ribelle, a punkabbestia e barbona… quante etichette per definire la stessa persona! Ma non finisce qui.

Dopo che finì la storia con il mio compagno di allora decisi di provare a tornare nella mia città di origine e trovare un lavoro. Con me c’era anche la mia piccola compagna fedele Ciupta, una cagnetta che trovai abbandonata per strada qualche anno prima.

Viaggiare con un cane non è sempre semplice e specialmente all’estero servono quarantene e passaporti canini, quindi bisogna sempre programmare con qualche mese di anticipo, anche trovare dove dormire o semplicemente entrare per negozi o bar può risultare complicato, comunque per trovare un lavoro dovevo pensare anche a lei e alle sue esigenze.

Sfortunatamente pero’ il mio c.v. non era abbastanza consistente per un lavoro, la cosa che più mi veniva ribadita era che non si sentivano di assumere qualcuno che continuava a viaggiare. Un consiglio comune era di non scrivere mai che ami il viaggio altrimenti è difficile che ti diano il lavoro, anche se temporaneo! Mi stavo davvero deprimendo! Questo modo di vivere mi stava davvero soffocando di nuovo!

Per fortuna che io avevo sempre qualche asso nella manica, così un po’ da artista di strada, un po’ vendendo vestiti che riciclavo e ridisegnavo per bancarelle, un po’ facendo da aiuto sarta e truccatrice per i teatri della zona me la cavavo. Non mi importava di come la gente mi giudicasse!

Arrivò carnevale 2007, stavo facendo palloncini vestita da clown in piazza e notai che Ciupita non stava tanto in forma, da lì a una settimana Ciupita morì di un tumore al cervello.

Generalmente ho sempre trovato una grande forza nei momenti che la gente definisce negativi, io li chiamo cambiamenti e cerco di capire le possibilità nuove che quel cambiamento mi ha donato. Credo che davvero tutto capiti con un senso, che spesso noi non vediamo se non piu’ tardi!

Questa volta ero sola e l’unica cosa che volevo fare era ritornare a viaggiare e andare all’estero, distrarmi e provare a fare ciò che negli ultimi anni non potevo per via della mia responsabilità per la mia piccola compagna!

La sera tornai da mia mamma e andai su internet, iniziai a cercare qualche progetto di volontariato all’estero e trovai un progetto che sembrava proprio fatto al caso mio!

Allora capii che la morte della mia dolce amica aveva un senso e che non potevo sprecare questo segno del destino!

Contattai questa associazione che mi offriva di stare qualche mese in Inghilterra lavorando per loro facendo raccolta di vestiti usati, imparando l’inglese e preparandomi per sei mesi di progetto in India.

Servivano solo poche centinaia di euro per partire, ma io avevo speso tutti i miei risparmi in veterinari.

Una sera parlando con un ragazzo di Torino che avevo conosciuto da poco restai sorpresa quando mi chiese di mandargli il conto corrente di questa organizzazione, che mi avrebbe dato lui questi soldi e a fondo perduto! Pensai che forse volesse qualcosa in cambio e gli chiesi perchè lo volesse davvero fare e mi rispose cosi: “ Voglio che tu sia libera e che tu possa fare quello che credi giusto, io credo in te e sono sicuro che farai della tua vita un successo. Voglio poter vedere i tuoi occhi sorridere e non lasciarti incatenare mai piu! Sei una persona non certo comune, una giovane donna piena di forza, sei speciale.”

Puoi immaginare la mia faccia e il mio grande stupore quando un quasi estraneo ti dice cose del genere e i tuoi amici più cari invece ti dicono di metterti a posto e piantarla con le tue illusioni!

Insomma l’ape Maya deve tornare a volare mi sono detta!

Fatto sta che il 27 aprile arrivai a Newcastle upon Tyne in una casa con altre quindici persone provenienti da Brasile, Giappone, Ungheria, Inghilterra, Germania, Estonia, Cameron, Danimarca, Russia, Corea, Argentina, Italia, Francia, Svizzera.

Iniziai a sperimentare il mio inglese scolastico e pian pianino trovai il modo di comunicare con tutti. Lo chiamavo inglese internazionale, perché in realtà non sempre era corretto il modo o l’espressione, ma alla fine riuscivamo sempre più o meno a capirci!

Dopo qualche mese si creò un sottogruppo tra noi e decidemmo di dissociarci da quell’associazione. Le ragioni erano varie, ma per spiegarla breve la definirei una McDonald del volontariato! Troppi soldi che giravano e pochi fatti davvero concreti che avvenivano nei Paesi dove saremmo dovuti andare a fare i nostri progetti. (How a humanitarian dream turned into a corrupt business empire.)

Quindi non andava davvero al passo con i miei valori e principi! Cosi ci trovammo in sei ad affittare una casa e a raccogliere soldi con i più svariati lavori per il nostro nuovo progetto “The children’s suitcase library” (la biblioteca per i bambini in valigia), inoltre organizzammo dalle serate di beneficenza e delle presentazioni in qualche scuola per raccogliere libri (http://mayaesposito.blogspot.ch/).

Devo dirti che in Inghiterra ho trovato ammirazione per il mio curriculum al contrario che in Italia! E ho imparato molto dall’uso di Internet, di programmi grafici e video, di questo nuovo mondo di cui ora non ne posso più fare a meno!

Dopo cinque mesi due di noi partirono con una valigia di libri in Tanzania, usando questa valigia come biblioteca mobile per i vari villaggi. Altri quattro, tra cui la sottoscritta, partimmo per l’India e dopo ricerche sul territorio trovammo le scuole e le associazioni giuste a cui donare i restanti mille libri.

Fu un lavoro faticoso e stressante, finimmo in India nel bel mezzo del periodo più caldo, con i Monsoni a manetta, in due ci prendemmo la malaria… insomma non fu semplice, ma è fu un’esperienza bellissima che mi ha dato tanta fiducia di poter davvero fare ciò che volevo, bastava volerlo e seguire qualche segnale che la vita ti manda.

Io decisi inoltre di portare con me in valigia cinquanta macchine fotografiche usa e getta da usare con i bambini delle baraccopoli per fare un progetto fotografico! I risultati sono stati fantastici perché furono i bambini a fare le foto dall’interno del loro mondo, cosa che io non avrei mai potuto fare! Presi l’ispirazione dal libro di Bologna.

Tornammo a Newcastle, ma ci restammo solo in due, gli altri tornarono a casa appena finito il progetto.

Trovai lavoro immediatamente per una trupe di burlesque e cabaret facendo da truccatrice e qualche spettacolo di fuoco, poi una ragazza lasciò e divenni parte integrante del cast.

Iniziai a insegnare giocoleria in privato e trovai lavoro in un cocktal bar per arrotondare fino a che finii per diventarne la manager. Fu in quei mesi che conobbi Claudio, il mio attuale compagno. Claudio è inglese, di padre italiano.

Dopo un anno Claudio mi propose di diventare co-manager per il vecchio ristorante italiano del padre che stava andando in fallimento, così accettai e lo trasformammo in Barkollo. Un bar pizzeria ristorante galleria d’arte di tre piani, musica e spettacoli gratuiti ogni sera, spazi co-working, aperitivo libero, mostre d’arte ogni tre settimane.

Barkollo iniziò sin da subito a diventare uno spazio da usare per ogni tipo di artista e per ogni tipo di conferenza! Bellissimo è stato il fatto che ho potuto sperimentare tutte le mie conoscenze e il concetto di spazio libero senza essere considerati come un centro sociale anarchico (come sarebbe probabilmente accaduto in Italia), ma liberi da politiche e tabù che ci hanno reso uno dei primi luoghi di ritrovo della città per una clientela di ogni casta sociale e di ogni nazionalità!!! Che esperienza!!! (www.barkollo.com )

Peccato che lavorare in famiglia non è sempre così semplice ed io iniziavo ad accusare la mia necessità impellente di tornare a viaggiare!

Claudio, ecceto per quelli che definirei viaggi pacchetto-vacanza, non si è mai davvero spostato dall’Inghilterra e non fu semplice per lui prendere questa decisione, la casa da affittare, la famiglia e gli amici da salutare, la sua routine e la sua reputazione di personaggio importante della scena artistica e culturale della zona da abbandonare.

Così dopo un periodo pieno di discussioni, litigi, pianti (i miei), io partii! Decisi che potevo farlo anche da sola, in fondo era una mia necessità e non la sua! L’ avevo sempre avvertito del mio spirito nomade e che un giorno questa decisione sarebbe arrivata. Partii da sola, tornai in Italia, lui arrivò dopo due mesi!

Negli ultimi tempi che eravamo a Newcastle un amico, che tornava da un lungo periodo di viaggio, ci raccontò della sua nuova esperienza come cuoco privato per chalet di lusso in montagna e come da li trovò lavoro per un milionario sul suo yacht. Pensai che dovevamo provare anche noi, in fondo avevamo tutte le carte in regola per questo lavoro e la stagione sciistica stava per cominciare, cosi inviai in una settimana oltre cento c.v. e sin dal giorno dopo iniziammo a ricevere risposte di interesse. Facemmo i nostri primi colloqui su Skype (che sensazione strana) e ci offrirono cinque lavori, decidemmo per quello che pagava meglio. (http://www.natives.co.uk/)

Contratto inviato, il lavoro cominciava a Zermatt in Svizzera dopo poche settimane, buono stipendio, mance che alla fine del mese avrebbero raddoppiato lo stipendio, vitto e alloggio, Wi-Fi incluso, skypass incluso, istruttore di scii incluso, insomma tutto incluso! WOW!

Dopo i primi due mesi ricevemmo da dei clienti l’offerta di lavorare per loro per l’estate nella loro tenuta in Costa Azzurra ad Antibes, lei è una principessa e lui un super manager inglese. ( http://www.greenbaizedoor.com/) La stessa formula tutto incluso! Accettammo.

Così ad aprile finimmo il lavoro in Zermatt e partimmo per qualche viaggio di piacere tra Italia, Germania, Olanda e Inghilterra.

A fine maggio eravamo in Francia e ci restammo sino a dicembre per poi tornare in montagna a lavorare e sciare.

La tenuta é un posto bellissimo, con una mega villa solo per noi, un orto gigantesco e galline da dove attingere quotidianamente, una vista mozzafiato! Ettari di natura ci circondavano! Il mare era giusto a pochi minuti in bicicletta.

L’unica critica è che questo lavoro, per quanti lati positivi, ha anche di negativi ed il più importante per me è che porta via molto tempo, le mie giornate lavorative possono essere interminabili sino a 15 ore e dover fare la governante per chi non ha mai lavorato in vita sua può davvero dare sui nervi alle volte.

Peroò guadagniamo molto bene e stiamo mettendo via qualche soldino per progetti futuri.

Ora scrivo da Zermatt, è la nostra seconda stagione e dopo appena due mesi abbiamo già ricevuto quattro offerte per lavorare in luoghi diversi, abbiamo deciso di accettare un lavoro sul Lago Maggiore per una famiglia di banchieri svizzeri e approfittare di questo periodo per migliorare l’italiano di Claudio.

Le lingue sono essenziali per facilitare i tuoi viaggi e le tue conoscenze e contatti, ovunque tu sia!

Adesso vedremo dopo il Lago Maggiore che succederà, io sinceramente credo che con i soldini fatti potremo permetterci un bel viaggio in Thailandia o in Brasile o vedremo dove i casi della vita ci porteranno a scoprire nuove avventure! Magari un giorno aprirò una bar co-working in Messico e mi verrai a trovare!

L’importante per me è avere del tempo per continuare la metamorfosi da bambina indigena, a ribelle, a hippy, a gipsy, a punkabbestia, a barbona, a ravers, a artista di strada e a domestica itinerante sino a divenire una nomade digitale!

Ciao e ci si vede in giro per il mondo o per il Web!

Vuoi Approfondire Questo Argomento?

Anatomia dell'Irrequietezza di Bruce Chatwin

Perché divento irrequieto dopo un mese nello stesso posto, insopportabile dopo due? - Bruce Chatwin.

Compra il libro online

L'Uomo Nomade di Jacques Attali

La stanzialità non è che una breve parentesi nella storia umana. L'uomo è stato plasmato dal nomadismo e sta ridiventando viaggiatore. - Jacques Attali

Compra il libro online