Anche per Noi Nomadi Digitali è Giunto il Tempo di Fermarci e Riflettere

E' vero: "fermarci ci obbliga a pensare, ci dà il tempo per riflettere su quello che stiamo facendo, su come lo stiamo facendo e su come potremmo farlo meglio. Ci regala la possibilità di rimettere tutto quanto in discussione". Forse ora è arrivato davvero il momento di farlo.

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Alberto Mattei: Sono il fondatore di Nomadi Digitali. Un progetto di comunicazione collaborativo e autofinanziato che nasce nel 2010 con l'obiettivo di diffondere anche in Italia la cultura del lavoro da remoto e del nomadismo digitale. Il mio obiettivo? Crescere un movimento di persone più libere e più felici per rendere il nostro mondo un posto migliore.

Pubblicato il: 23 Marzo 2020 | Categoria:

Purtroppo nessuno di noi può sapere quando la crisi innescata dalla pandemia mondiale del Covid-19 finirà, né in quali condizioni sarà l’economia globale quando tutto questo sarà passato.

L’unica certezza è che nulla sarà più come prima. Non potrà e soprattutto non dovrà esserlo.

La lezione che amaramente stiamo imparando è che tutto è legato e noi esseri umani siamo strettamente connessi uno con l’altro!

Ogni nostra azione ha un impatto, su tutto e su tutti. Non esiste una soluzione ‘singola’, che sia quella di un individuo come quella di un Paese. Servono cooperazione, solidarietà, responsabilità e una visione del mondo radicalmente diversa.

Il bene comune riguarda tutti e dobbiamo occuparcene tutti. Da ora in avanti questo dovrà essere il propulsore dell’azione umana, come unica soluzione alle difficili sfide che ci attendono.

“Nella vita le cose passano sempre, come in un fiume. Anche le più difficili che ti sembra impossibile superare le superi, e in un attimo te le trovi dietro alle spalle e devi andare avanti. Ti aspettano cose nuove”. – Niccolò Ammaniti –


Non Prendiamoci in Giro

Sapevamo benissimo che sarebbe arrivato un momento in cui tutti noi avremmo dovuto fermarci a riflettere profondamente su chi siamo e su dove stiamo andando.

  • Già da diverso tempo sappiamo di aver raggiunto il famigerato Overshoot Day, ovvero il giorno in cui il consumo di risorse da parte dell’uomo eccede ciò che gli ecosistemi della Terra sono in grado di rigenerare.

  • Sappiamo bene che i cambiamenti climatici stanno spingendo il nostro pianeta verso un punto di non ritorno.

  • Siamo tutti consapevoli che le epidemie sono eventi ciclici, ma quanto abbiamo realmente fatto per prevenirle?

  • Sappiamo bene che le guerre, le carestie, le disuguaglianze sociali, il divario tra ricchi e poveri nel mondo si sta ampliando a dismisura fino a distruggere le fondamenta della nostra casa comune.

  • Siamo perfettamente consapevoli che troppe persone si sono arricchite sfruttando gli altri invece che creando ricchezza.

Tutto questo ha riempito (non abbastanza) le bacheche dei social network, le pagine dei giornali, i video su youtube, ne abbiamo parlato più e più volte, ma il desiderio di cambiamento non è mai sfociato in una vera e propria azione collettiva a tutela del nostro ecosistema.

L’individualismo, le posizioni di potere, l’avidità, la logica del profitto su cui abbiamo costruito la nostra modernità, non ci hanno permesso di fermarci per invertire la rotta impostata sull’autodistruzione.

Per questi motivi nel 2020 una drammatica emergenza sanitaria globale si trasforma nell’ennesima epidemia dell’ incosapevolezza umana che ora ci obbliga a fermarci per riflettere profondamente!

Purtroppo anche questa volta, come già tante altre è successo in passato, ci siamo illusi che tutto questo non sarebbe mai potuto succedere. Abbiamo continuato a pensare che fosse solo un problema degli altri, che non ci avrebbe mai toccato così da vicino.

Eppure è successo e questa crisi ci ha dimostrato quanto siamo fragili, vulnerabili e impotenti di fronte a qualcosa più grande di noi.

Questa pandemia ci ha reso tutti consapevoli del livello strettissimo di interconnessione che oggi, persone, paesi, continenti e nazioni hanno tra loro. Mostrandoci ancora una volta l’estrema fragilità dell’ecosistema in cui viviamo!


E Ora Cosa Succede?

Secondo me non siamo diventati ciechi, secondo me lo siamo, Ciechi che vedono, Ciechi che, pur vedendo, non vedono”.Cecità, di José Saramago – ”

A volte, per poter andare avanti, è necessario fermarsi. E questa volta siamo obbligati a farlo!

La drammaticità, l’isolamento, lo stop forzato, il tempo dilatato di questa situazione surreale impone una profonda riflessione. Dobbiamo arrivare il prima possibile ad una nuova presa di coscienza, individuale e collettiva, che speriamo potrà essere il vero e unico antidoto alle conseguenze di tutto ciò.

Sfruttiamo l’occasione per abbandonare una volta per tutte l’assurda convinzione che i problemi del vivere collettivo possano essere affrontati solo sul piano individuale. Noi esseri umani siamo connessi e siamo necessari gli uni agli altri.

Ripartire significa prima di ogni altra cosa acquisire consapevolezza che le nostre azioni hanno un impatto. Il mondo ha vissuto un esaurimento collettivo e la Terra sembra ora prendere le difese nei riguardi delle persone e delle loro azioni.


Si, Anche per Noi Nomadi Digitali è Arrivato il Momento di Fermarci e di Riflettere!

Anche per noi, professionisti che da anni lavorano da remoto, donne e uomini che hanno fatto della libertà e del movimento il proprio stile di vita e di lavoro, è giunto il momento di fermarsi per acquisire consapevolezza, prendersi le proprie responsabilità e fare una seria riflessione.

  • Ci siamo definiti i pionieri di una nuova Era, abbiamo pensato di essere diversi, più liberi, più indipendenti, eppure anche noi abbiamo delle grandi responsabilità nei confronti degli altri. Non possiamo sentirci esclusi solo perchè individualmente abbiamo scelto percorsi di vita alternativi a quelli tradizionali.

  • Abbiamo dato per scontato ed acquisito il diritto di essere cittadini del mondo. Non ci siamo preoccupati più di tanto del fatto che altri esseri umani non potessero godere di questo nostro stesso diritto.

  • Ci siamo vantati di essere diversi, più felici e più liberi! Ci è piaciuto definirci nomadi quando in realtà siamo dei semplici viaggiatori moderni che per la prima volta hanno sperimentato cosa voglia dire essere bloccati alle frontiere. Cosa significa non potersi spostare liberamente da un Paese all’altro. La stessa cosa, ma in modo molto più drammatica, è vissuta ogni giorno da centinaia di migliaia di persone costrette ad attraversare frontiere per poter sopravvivere.

  • Molti di noi hanno sperimentato cosa si prova ad essere in un Paese straniero dove le persone, senza conoscerti, ti giudicano, ti fanno sentire indesiderato e ti considerano socialmente pericoloso.

  • Non abbiamo mai pensato, nemmeno per un attimo, che il nostro passaporto, da un giorno all’altro, sarebbe potuto essere discriminato, che qualcuno ci avrebbe potuto rifiutare ed espellere.

  • Molti di noi non si sono mai posti il problema della sostenibilità o meno delle proprie scelte e delle proprie azioni. Dell’impatto che il nostro stile di vita e di lavoro potesse avere sull’ambiente, sulle popolazioni, sui territori che visitiamo e a volte colonizziamo con le nostre community.

  • Molti di noi non si sono mai posti il problema di capire se il proprio lavoro digitale potesse avere o meno un impatto positivo sugli altri e sul mondo in generale.

  • Abbiamo spesso sfruttato il nostro stile di vita libero, non convenzionale come uno specchietto per le allodole, trasformando la nostra immagine e i nostri valori guida in una leva di marketing potentissima. Tutto questo per impressionare e convincere altre persone a comprare i nostri infoprodotti, i nostri corsi, le nostre guide e i nostri libri, alimentando così sogni e speranze che sono serviti a sostenere i nostri obiettivi individuali.

  • Anche noi Nomadi Digitali, dobbiamo ammetterlo, abbiamo contribuito chi più chi meno ad alimentare quel circolo mediatico, basato sul narcisismo e sull’edonismo di massa, dove lo schermo del nostro cellulare e i nostri canali social sono diventati lo specchio di se stessi e non una reale finestra sul mondo.

Questi sono solo alcuni dei motivi per i quali anche noi, volontariamente o meno, con le nostre scelte abbiamo contribuito ad alimentare quell’epidemia dell’inconsapevolezza che oggi obbliga tutti, nessuno escluso, a riflettere!


Questa Drammatica Vicenda Può Darci Un Grande Insegnamento, Sta a Noi Coglierlo.

Forse è arrivato il momento di capire una volta per tutte che avere rispetto per la propria vita significa assumersi responsabilità che non possono più rimanere confinate nel recinto dell’ individualismo.

Si tratta di responsabilità collettive che rendono chiaro il senso di appartenenza di ognuno di noi ha qualcosa di più grande che si prende cura di noi.

Quello che oggi sta succedendo alle nostre esistenze ci sta dicendo, ancora una volta, che:

Siamo interconnessi, che i nostri comportamenti individuali (stare a casa, lavarci spesso le mani, mantenere le distanze) hanno un impatto collettivo ed è proprio quello che facciamo come singoli individui a essere determinante per il futuro.

L’interconnessione è la nostra forza e allo stesso tempo la nostra debolezza.Marina Innorta – My Way Blog

Ogni Crisi Porta Importanti Cambiamenti!

Ho già detto che non sappiamo quando l’emergenza sanitaria mondiale finirà, né le condizioni dell’economia globale. Ci accompagna già adesso la consepevolezza che nulla sarà più come prima.

Questo è il momento di cambiare dentro, assumendo il bene comune come il patrimonio più grande che tutti noi abbiamo la responsabilità di difendere.


Ma da Dove ripartiamo?

Nessuno di noi ha già sperimentato nella propria vita ciò che sta accadendo ora. Ma se guardiamo al passato ci rendiamo conto che l’umanità nella sua storia ha già affrontato molte di queste crisi, e che probabilmente noi ci troviamo nella miglior condizione di sempre per poter affrontare un tale sconvolgimento.

Ci attendono grandi sfide, ma per affrontarle abbiamo a disposizione un immenso capitale umano e un enorme potenziale tecnologico.

Dobbiamo utilizzare questa ricchezza per individuare nuove opportunità che ci permettano di affrontare i grandi cambiamenti globali e i contesti emergenziali internazionali, in un’ottica di cooperazione e non di separazione, o peggio ancora di segregazione.

Se vogliamo risorgere dobbiamo imparare dagli errori del passato, incentivando lo sviluppo di nuove imprese, nuovi lavori e nuove carriere professionali che abbiano una responsabilità e uno scopo sociale.

Il nuovo mantra dovrà essere “l’innovazione al servizio del bene comune“. Fare impresa e fare finanza guardando all’interesse collettivo e al suo impatto sociale. A tutti i livelli e in tutti i campi.

Non si tratta di rinunciare a qualcosa. E certamente non si tratta di vivere una vita di miseria volontaria e nemmeno di imporre limiti al potenziale umano. Al contrario, si tratta di raggiungere un livello superiore di comprensione e consapevolezza su ciò che stiamo facendo e sul perché lo stiamo facendo.

Talento, diversità, creatività, capitale umano, intelligenza artificiale, big data, robotica, prototipazione, realtà virtuale e aumentata, strumenti di comunicazione e marketing, sono le armi che oggi possiamo e dobbiamo mettere in campo per iniziare questa difficile battaglia.

Ciascuno di noi potrà essere un agente di cambiamento positivo, ma serve una nuova coscienza. E dobbiamo acquisirla proprio in questo momento così spaventoso e allarmante.

Anche il nostro sistema educativo e formativo, dovrà porsi nuovi obiettivi. Dovrà aiutare i nostri giovani a conoscersi, a scoprire le proprie passioni, a far emergere i propri talenti e le motivazioni più profonde. Dobbiamo insegnare resilienza e coraggio di mettersi in gioco.

L’obiettivo è formare individui in grado di allineare i propri pensieri e sentimenti con le proprie azioni, necessarie al fine di garantire che i giusti valori si riflettano nel loro lavoro. In questo modo le aziende avranno successo a lungo termine solo se avranno un chiaro senso di scopo sociale, con il quale i loro dipendenti e collaboratori potranno identificarsi.

Ora più che mai la sfida è quella di lavorare in un mondo interconnesso, dove le nostre scelte possono contribuire a un impatto sociale positivo di portata globale, per creare un capitalismo progressista che realizzi una prosperità condivisa.

Si, “ce la faremo” anche stavolta, saremo più forti di prima e avremo più cura l’uno dell’altro e del nostro pianeta ma per farlo non possiamo limitarci ancora una volta a lasciare il problema “fuori di noi”.

Coraggio! Questo è il momento giusto per rimboccarsi le maniche e ripensare il nostro futuro in maniera diversa rispetto a come lo abbiamo immaginato sino ad ora! –